Commento di chiusura alla mostra

 

La fame, il freddo, il bastone, l’assalto dei cani, l’esposizione dei corpi nudi al rigore dell’inverno, la fatica, le iniezioni di benzina, di fenolo, di acido prussico, l’asfissia, la cremazione di vittime non ancora spirate, il lancio nei precipizi, la fustigazione, la decimazione in massa, tutto ciò che può essere concepito dalla follia omicida ha trovato nei lager nazisti il terreno fertile per le esperienze più vaste e crudeli.
Ma questa orribile crudeltà non è stata il prodotto della follia; è stata il prodotto di un’intelligenza perfida, astuta, criminale, raffinata.
Non è stato tanto il tormento della carne quanto quello dell’anima. Quel tormento che si esplica in mille forme e che rode, che penetra e scava e dilacera non la carne ma lo spirito.
L’essere tornati in cento anziché mille, o l’essere tornati in mille anziché diecimila conta per le statistiche. Per noi conta il fatto che i vivi ed i morti sono stati ingiuriati, vilipesi, angariati nei sentimenti più sacri da una barbara torma di individui che intendevano instaurare in Europa un ordine nuovo.